Inglese nella Scuola:Cos’è e Quale Impatto il CLIL?
Si chiama CLIL e la sua introduzione nella scuola secondaria italiana è stata prevista a partire dal settembre 2012. Di che cosa si tratta? Come imparare l’inglese ha discusso di questa tematica con la Professoressa Franca Quartapelle docente formatrice che ha partecipato al progetto europeo che ha dato origine al CLIL in Italia e co-autrice, con Dieter Wolff, del libro Linee guida per il CLIL in tedesco sull’argomento.
CLIL è l’acronimo di Content and Language Integrated Learning. Si tratta di una metodologia didattica che prevede l’insegnamento in lingua straniera di una disciplina, sia essa di area scientifica o umanistica. Il CLIL dovrebbe essere partito nel settembre dell’anno scolastico 2012/13 in tutte le classi terze dei licei linguistici italiani. Dico “dovrebbe essere partito” e non “è partito” perché purtroppo non ci sono ancora dati certi al riguardo. Pochi mesi fa, in previsione di un convegno sul CLIL al quale sarei intervenuta, ho cercato di reperire, senza successo, delle statistiche attraverso l’Ufficio Scolastico Regionale della Lombardia . Dico “dovrebbe” anche perché , i corsi che avrebbero dovuto formare i docenti CLIL sono iniziati con grave ritardo ad anno scolastico avanzato.
Lei ha citato in precedenza l’introduzione del CLIL nelle terze dei licei linguistici. Da quando dovrebbe invece essere introdotto negli altri istituti?
La data di inizio è fissata per il 2014. Nei licei linguistici si inizia all’undicesimo anno di carriera scolastica con l’insegnamento di una disciplina in lingua straniera alla quale si aggiunge, durante l’ultimo anno, un’altra materia insegnata in una seconda lingua straniera. Negli altri istituti, invece, e mi riferisco in particolare a quelli tecnici, l’insegnamento di una disciplina in lingua straniera avviene soltanto al quinto anno e solamente in inglese.
Qual è l’insegnante coinvolto nell’insegnamento di una materia secondo la metodologia CLIL? Per esempio, una lezione di chimica verrebbe svolta dall’insegnante esperto della disciplina o dal docente di inglese?
Nell’esempio da lei fornito sarebbe l’insegnante di chimica, il quale potrebbe e dovrebbe essere supportato dal docente di lingua nella pianificazione dell’attività didattica. Il problema è individuare scuola per scuola un numero sufficiente di insegnanti di disciplina in grado di svolgere la lezione in inglese (o altra lingua dove questa è presente) così da coprire tutte le classi quinte dell’istituto. Ciò, tuttavia, non è semplice dato che, come anticipavo, per ora agli insegnanti non è stata fornita un’adeguata formazione dal punto di vista della didattica.
Qual è il livello di competenza linguistica richiesto perché un docente possa insegnare la propria disciplina in una lingua straniera?
A tale proposito a seguito di considerazioni di vario genere, alla fine si è stabilito che l’insegnante debba documentare di avere una padronanza linguistica a livello C1 del Common European Framework for Languages.
L’insegnamento di una disciplina in lingua straniera può avere ripercussioni negative sull’apprendimento della materia stessa? Dopo tutto né il docente né gli alunni padroneggiano al meglio la lingua nella quale la disciplina verrebbe insegnata secondo la metodologia CLIL

CLIL
E’ una domanda legittima, ma dai dati che si hanno a disposizione sembra piuttosto che accada il contrario. Dico “sembra” perché gli studi scientifici sui risultati del CLIL non sono ancora sufficienti. Tuttavia, possiamo affermare che sono abbastanza corposi per indicare una certa tendenza. Abbiamo riscontri che ci dicono che l’apprendimento della materia risulta in realtà essere più efficace. Credo che alla base vi sia un maggiore rigore sia da parte dell’insegnante sia da parte degli alunni. A volte, infatti, se i docenti spiegano un argomento nella propria lingua madre tendono a risultare meno chiari o trasparenti. Gli studenti, invece, avendo una padronanza lessicale più limitata della lingua straniera, evitano i “voli pindarici” con giri di parole che non arrivano al cuore dell’argomento trattato e usano il linguaggio specifico della disciplina.
Soprattutto, però, ritengo che il CLIL permetta alle lezioni di essere più partecipate e meno frontali, in quanto i ragazzi vengono stimolati a lavorare molto di più in gruppo.
Mi pare di capire che il progetto CLIL vada ben oltre alla semplice idea di insegnare una disciplina in inglese, spagnolo, tedesco o altro.
E’ proprio così. Come spiegavo in precedenza, il CLIL è una vera e propria metodologia. Oltre a rendere l’apprendimento più condiviso e a incoraggiare il lavoro di squadra, viene sviluppata l’idea di interdisciplinarità, alla quale sarebbe opportuno abituarsi in maniera sempre crescente. Si affrontano temi e problemi del mondo reale, in modo globale, tenendo conto anche di diverse prospettive culturali.
Il progetto CLIL parte da lontano, dagli anni Novanta, periodo in cui si creò un gruppo di lavoro con colleghi francesi, cechi, austriaci e finlandesi che condusse a riflettere sul metodo CLIL e portò alla pubblicazione di diversi testi in proposito. L’idea, peraltro, è perfettamente coerente con le raccomandazioni dell’Unione Europea e gli obiettivi posti a livello comunicativo, che mirano a far sì che ogni cittadino europeo conosca due lingue straniere oltre alla propria. In questo senso, l’Italia, come sfortunatamente spesso accade, si è attivata in ritardo rispetto ad altri paesi.
Qual è stata la sua esperienza personale come docente con la metodologia CLIL?
Alcuni anni fa, mentre insegnavo tedesco al Liceo Alessandro Volta di Milano, svolsi un modulo in lingua sull’energia insieme al mio collega insegnante di fisica. Entravamo in classe contemporaneamente. Abbiamo iniziato presentando l’argomento in tedesco e introducendo il lavoro con la classe su un testo di carattere piuttosto generale sull’argomento che era oggetto del nostro modulo. Terminata questa attività, abbiamo diviso gli studenti in gruppi, ciascuno dei quali ha approfondito in modo più specifico le diverse forme di energia – idroelettrica, solare, ecc. – per poi relazionare al resto della classe: in questo modo ogni tematica veniva condivisa con gli altri e ciò che ogni gruppo aveva elaborato diventava patrimonio di tutti.
Durante il lavoro, se gli studenti avevano un dubbio riguardo al tedesco chiedevano a me, altrimenti si rivolgevano al mio collega che dava le spiegazioni sui contenuti in tedesco. Io ero pronta a intervenire ogni volta che lui fosse indeciso su questioni di carattere linguistico.
In realtà, possiamo dire che il CLIL è molto più presente nelle scuole di quanto sembri. Infatti, in Italia nelle classi i ragazzi stranieri sono sempre più numerosi . Pensi che, negli ultimi due anni al Liceo Volta, in classe prima un terzo dei miei studenti non aveva origini italiane: per loro, quindi, tutto era CLIL. Peraltro, devo affermare che mediamente gli studenti stranieri risultavano essere anche i più brillanti in assoluto.